Luigi Cogodi ci ha lasciato. Si spegne l’ultimo leader del comunismo in Sardegna
“Luigi, il ragazzino con i capelli rossi, vivace e intelligentissimo”, così lo ricordava il primo insegnante della sua vita, Mario Falconieri, che il destino ha voluto che fosse mio suocero. Così come Luigi non ha mai dimenticato il suo maestro, severo anche per l’imponenza fisica, ma sicuramente una guida lungimirante per quei bambini del dopoguerra che dovevano riscattarsi e prepararsi ad essere classe dirigente. Non bastava insegnare a leggere e a scrivere, bisognava aprire gli orizzonti, stimolarli ed emanciparli. “Caricarci tutti, scolaretti di San Basilio, su un camion per portarci dalla Trexenta a Cagliari e al mare, che molti di noi non avevano mai visto, era per il maestro Falconieri, un contatto necessario con il mondo oltre i confini della campagna”. Così ricordava Luigi Cogodi i suoi primi approcci con la scuola e il suo rapporto d’affetto e di riconoscenza per il maestro che sapeva guardare oltre.
Luigi era un comunista vero che non ha mai dimenticato la Piazza, privilegiando le lotte per la giustizia sociale sia nella nostra Terra che oltreoceano. Le sue dotti dialettiche e umane, l’intelligenza politica raffinata e la simpatia facevano di lui un politico straordinario rispettato e apprezzato anche da chi aveva idee diverse o contrastanti dalle sue.
Sconfitto, non nei valori né dagli avversari politici, ma cinicamente “emarginato in casa” in nome dell’apartheid anagrafica e del “ricambio generazionale”, Luigi abdica condannato al ruolo di osservatore passivo della grande disfatta della politica sarda.
Come a fine scena di un grande spettacolo, il sipario del teatro si chiude su una battuta del protagonista: “non si muore solo di infarto ma anche di incazzo”. Così se ne va Luigi Cogodi senza lasciare eredi.
Caro amico e compagno Luigi, nella nostra diversità politica molte battaglie ci hanno visto insieme in prima fila. Ho l’orgoglio di poter dire che ci siamo stimati.
Claudia Zuncheddu
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