Crisi e Giunta Cappellacci bis
Movimento SardignaLibera
Sit-in antinucleare a Teulada
Domenica 10 ottobre dalle ore 10 in Piazza Fontana
Oggi lo Stato italiano, con l’eventuale imposizione delle centrali nucleari in Sardegna per la produzione di energia atomica e con l’industria dello stoccaggio delle scorie radioattive, potrebbe sancire la morte del territorio e il genocidio delle future generazioni sarde.
Mobilitiamoci, vigiliamo e partecipiamo al Referendum per la denuclearizzazione dell’isola.
Lo Stato Italiano
Che ha voluto fare della nostra terra un “centro di addestramento militare” per le guerre nel mondo;
Che avvelena e consuma il nostro ambiente;
Risposta dell’Assessore alla Difesa dell’Ambiente all’ Interrogazione n°346/A circa il frequente allarme su rifiuti tossici e radioattivi nel nord Sardegna e in particolare sulle irregolarità nelle procedure dello smaltimento dei rifiuti provenienti dagli insediamenti militari di la Maddalena diretti a Scala Erre e Canaglia.
In riferimento all’interrogazione di cui sopra si forniscono i seguenti elementi di risposta :
Con riferimento al quesito 1 si evidenzia che gli atti dell’ufficio competente non risultano verbali redatti dagli Enti deputati al controllo (Provincia di Sassari) da cui emergano irregolarità nello svolgimento delle procedure di smaltimento dei rifiuti provenienti dall’Arsenale de La Maddalena.
Con riferimento al quesito numero 2 si precisa che i siti di discarica risultano regolarmente autorizzati allo smaltimento dei rifiuti non pericolosi che risultano conferiti. Si evidenzia che gli unici dati in possesso del competente ufficio, pervenuti su supporto informatico con nota Covecom S.p.A. del 10 settembre 2008, prot. R.A.S. n 23687 , sono condensati nella tabella seguente estratta da tale nota.
Comunicato Stampa 06/10/2010 La “Giunta amputata” di Cappellacci Bis L’amputazione della Giunta Cappellacci bis non è di buon auspicio visto che esclude oltre la metà del popolo sardo...
Sa lingua sarda: “una maladia”
In su Consillu de mercurisi, 22
Biu ca s’Art. 133-1 de is arregulas de custu Consillu, offendidi su populu sardu privendidu de sa lingua sua, sa mozioni mia a pitzus de s’Indipendentzia, iscritta in lingua sarda, po da podi depositai m’anti obbrigau a presentai sa traduzioni in lingua italiana, cumenti chi sa nosta fessidi una lingua istrangia.
Biu ca is cosas funti postas aicci, immoi, in su Guvernu Sardu chistionu cun sa lingua de su dominadori coloniali: s’italianu.
“…Come tutti ai popoli africani (e non solo) che hanno subito il colonialismo, anche al popolo sardo è stata tagliata la lingua e imposta quella del dominatore. In tutti i processi coloniali questo è il primo passo che si compie nella “sepoltura della memoria di un popolo”. Privarlo della sua storia e della sua identità è un “metodo aggressivo necessario” per renderlo debole, povero e meglio dominarlo.
Nel nostro processo di liberazione Nazionale, noi non possiamo prescindere dalla riacquisizione della nostra Lingua, perché essa è lo strumento che ci ha consentito di ereditare il ricco patrimonio identitario dai nostri padri e dalle nostre madri consentendoci di Esistere.
(Segue l’esposizione della mia mozione).
da LA NUOVA SARDEGNA del 21.09.2010
CLAUDIA ZUNCHEDDU* Si rileva oggi che il dibattito sull’ Indipendenza della Sardegna, i metodi democratici per il suo raggiungimento e le conseguenti “ricadute” sul sistema istituzionale (la riforma istituzionale della RAS, i nuovi rapporti federali fra l’Italia e la Sardegna e la riscrittura dei patti), è un segnale eccellente, se non persistesse il pericolo di “cambiare tutto per non cambiare niente”. La crisi economica, sociale e occupazionale, la svendita del patrimonio ambientale, dalle coste alle energie rinnovabili, al paesaggio, le servitù militari, le nuove servitù nucleari, chiamano in causa le responsabilità della Regione autonoma e la sua subalternità, mai forte come oggi ai voleri italiani. Il fallimento dei 60 anni di autonomia, che avrebbe dovuto togliere la Sardegna dal “sottosviluppo”, pone la necessità d’interrompere il “vecchio dominio della politica”. L’autonomia è stato un feroce processo di colonizzazione che ha usato i flussi di danaro pubblico, destinati allo sviluppo dell’isola, per arricchire una nuova borghesia compradora che ha le proprie radici all’interno delle stesse istituzioni regionali, creando privilegi per minoranze e negando i diritti alla maggioranza dei sardi ad esistere come popolo e nazione. L’autonomia è stata gestita da tutta la classe politica sarda, con tempi, modi e responsabilità differenti, perpetuando la sudditanza all’Italia e alle multinazionali della globalizzazione. Qualcuno, difendendo i propri privilegi e nascondendo le responsabilità, confonde la differenza fra “separatismo” e “indipendentismo”, ignorando che alla base dell’Indipendentismo moderno, sta il pensiero di Simon Mossa: “…Noi vogliamo conquistare l’Indipendenza per integrarci, non per separarci, nel mondo moderno”.
PREMESSO che nella massima Assemblea dei Sardi, il dibattito sui valori di Sovranità, di Autodeterminazione, sul significato identitario di Popolo Sardo e di Nazione Sarda è imprescindibile dall’uso della lingua sarda: elemento portante dell’identità del Popolo Sardo e strumento che ha consentito di ereditare il ricco patrimonio culturale, storico, etnico delle nostre madri e dei e dei nostri padri.